Il fondatore
Guido Alberto Borciani (1920 – 2008)
Ideatore e fondatore del Premio Paolo Borciani nel 1987, Guido Alberto Borciani è stato il direttore artistico del concorso fino al 2007.
Nato a Reggio Emilia il 20 ottobre 1920, ha avuto una vita molto lunga, dedicata alla famiglia e ai suoi due lavori, come diceva lui, quello di ingegnere – è stato uno dei massimi esperti mondiali di turbine – e quello di uomo di cultura, che la cultura, soprattutto la musica, ha saputo rendere viva e tangibile. Ha fatto parte delle giurie del Concorso Internazionale Shostakovich di San Pietroburgo per quartetto d’archi nel 1993 e del Concorso Internazionale Long-Thibaud di Parigi per violino nel 2005.
Nel 2002 ha pubblicato il volume bilingue italiano-inglese Il Quartetto Italiano. Una vita in musica, Reggio Emilia, Aliberti, 2002.
Alla più cara delle sue creature, il Concorso per quartetto dedicato al fratello Paolo, l’ingegner Borciani non ha mai smesso di dedicarsi.
Si è spento nella casa di famiglia di Reggio Emilia, in Corso Garibaldi 32, la stessa nella quale, nel 1945, il Quartetto Italiano si riunì per la prima volta.
Nel 1989 a Guido Alberto Borciani fu conferita la Medaglia d’oro di riconoscenza della Provincia di Milano per meriti culturali e professionali, e nel 2007 il Sindaco di Reggio Emilia gli rese omaggio consegnandogli il Primo Tricolore, per aver contribuito a far conoscere la città nel mondo.
Pianista di talento, cominciò giovanissimo la carriera concertistica, ma presto decise di occuparsi di musica da dietro le quinte. Così fu segretario del Quartetto Italiano, ideatore e anima del ciclo di lezioni “Scomporre la musica”, membro del consiglio d’amministrazione di Aterballetto, vicepresidente della Società del Quartetto di Milano.
Ne Il Quartetto Italiano. Una vita in musica, Borciani racconta con sguardo affettuoso e partecipe la straordinaria storia dei Quartetto dalle origini allo scioglimento.
Gli inizi (1945)
«Carpi e Reggio sono le prime due tappe, poi si parte per Milano. E’ mezzanotte, fa un freddo cane nel vagone postale ove trovano un po’ di spazio, il viaggio è lungo come la notte. Giungono a Milano alle sei di mattina. Poco tempo dopo sono nell’ufficio di Ada Finzi, la nostra più nota e intelligente agente di concerti, che alla loro telefonata li ha subito invitati per un’audizione. Poche battute sono sufficienti a convincerla che si trova di fronte ad un quartetto d’eccezione».
Il Quartetto op.130 di Beethoven, Accademia Filarmonica Romana (1947)
«Il Nuovo Quartetto Italiano affronta la prima esecuzione di una delle più complesse opere della letteratura cameristica […] “Non vi dico la paura – ricorda Lisa Pegreffi – Vagavamo nel camerino cercando di farci forza, Franco ed io pallidi come spettri. Piero impegnato a domare la solita rivoluzione dello stomaco. Paolo alla ricerca dell’ancora di salvezza: “ma sì, ma sì, al primo intoppo della memoria farò in modo di rompere una corda, dirò al pubblico del nostro disappunto ed usciremo dalla sala non senza dignità”. Per fortuna non ci fu bisogno di nessun trucco […] Alla fine del secondo movimento, un “Presto” vivacissimo, si levò a sorpresa una vera e propria ovazione, che ci rinfrancò e commosse. Tutto il resto divenne facile».
New York (1951)
«Ormai l’America e New York chiamano con insistenza. Nessuno dei “quattro cavalieri dell’arco” (G. Confalonieri) ama particolarmente l’aereo (si convertiranno, ma lentamente) per cui affrontano nell’ottobre del 1951 le montagne d’acqua dell’Oceano Atlantico. Giunti provati a destinazione, hanno la spiacevole sorpresa di venire internati ad Ellis Island, punto di passaggio obbligatorio per tutti gli immigrati […] Due giorni di interrogazioni su tendenze ed idee politiche, poi la liberazione grazie anche al sollecito intervento del loro agente USA».
Umberto di Savoia
«È la figlia Maria Pia a trasmettere l’invito per la cena dopo il concerto a Lisbona. Si recano a Cascais con molti dubbi su quello che si può e non si può fare nella casa e alla tavola di un re. L’accoglienza è cordiale, la cena frugale, la conversazione scorre senza intoppi. Si sfiora l’incidente quando il papillon di Paolo si mette di traverso, ma basta un’occhiata severa del Duca Acquarone ad attirare l’attenzione del diretto interessato, che con prontezza rimedia all’inconveniente».